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TEMA FORMATIVO DEL SUSSIDIO "Zakar- Memorie di Futuro"

La facoltà della memoria è grandiosa. Ispira quasi un senso di terrore, Dio mio, la sua infinita e profonda complessità. E ciò è lo spirito, e ciò sono io stesso” (Agostino d’Ippona, Confessioni, Libro X)

Zakar. Memorie di futuro nasce in un contesto educativo che si ispira alla sensibilità pedagogica e spirituale di don Bosco. Per questo motivo la tematica formativa del sussidio prende spunto dalla Strenna che il Superiore Generale dei Salesiani, don Pasqual Chavez, ha formulato per il 2012: Conoscendo e imitando Don Bosco, facciamo dei giovani la missione della nostra vita.
L’invito a conoscere e approfondire la ricchezza dell’esperienza umana ed educativa di don Bosco, a partire dalla lettura delle sue Memorie dell’Oratorio, è stato interpretato nel presente sussidio come l’occasione per mettere al centro il tema della “memoria”. La parola zakar, in lingua ebraica, significa proprio “fare memoria”.

La memoria è una dimensione fondamentale per la vita di ogni uomo. Senza memoria non c’è l’apprendimento e nemmeno il pensiero; le azioni e l’adattamento all’ambiente di vita diventano impossibili; senza di essa non si potrebbero ricordare le parole e i nomi, ma non si riconoscerebbero nemmeno i volti o i luoghi.
Nel linguaggio quotidiano la parola “memoria” ricorre spesso. Il più delle volte la si riduce a capacità di ricordare le nozioni essenziali per superare, ad esempio, una verifica a scuola; la si invidia a chi ne ha “tanta” e molti si rassegnano ad averne “poca”! La “memoria” è poi frequentissima nel linguaggio dell’informatica: molti adolescenti sanno tutto su memory card, RAM, registri di memoria, memoria volatile, ecc. Se ne parla in continuazione.
Ma la “memoria” è anche indispensabile per la vita delle società umane: si commemorano grandi eventi, si celebrano le feste e ci si riconosce attorno ad alcuni valori proprio perché l’uomo è in grado di “fare memoria”. Nelle letterature di ogni tempo s’incontrano varie testimonianze di Memorie. Numerose opere letterarie rivelano l’impegno di tanti personaggi del passato a voler ricordare e lasciare traccia del proprio percorso di vita: quasi per farsi “rintracciare” e non lasciar cadere quanto ritenevano più prezioso: la loro stessa esperienza di vita.
Ma a ben guardare, ogni “memoria” è il segno evidente che l’uomo è alla ricerca… di se stesso! Si volge lo sguardo al passato per dare senso alla propria vita; ci si guarda “dentro” per una profonda esigenza di verità e autenticità; l’anamnesi è il presupposto indispensabile per qualsiasi terapia e cura: la “cura di sé” e della propria (e nostra) umanità.


Anche nella Bibbia, la memoria non è semplice ricordo o commemorazione. Essa è invece il “memoriale” (zikkaron) della storia della salvezza: tutto ciò che Dio ha operato per il suo popolo dovrà essere narrato e reso presente per sempre alle generazioni future. Nel libro di Isaia, è Dio stesso che lega il suo amore e la sua fedeltà al “ricordo” dell’uomo:

 

Si dimentica forse una donna del suo bambino,
così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere?
Anche se costoro si dimenticassero,
io invece non ti dimenticherò mai.
Ecco, sulle palme delle mie mani ti ho disegnato,
le tue mura sono sempre davanti a me.
(Is 49,15-16)


I cristiani, ogni volta che nell’Eucaristia condividono pane e vino, compiono il memoriale della morte e risurrezione del Signore Gesù, secondo quanto Lui stesso ha chiesto: Fate questo in memoria di me. Il dono che Gesù ha fatto di sé stesso agli uomini è “attualizzato” per la comunità che si riunisce (la Chiesa) e il suo amore diventa non solo esempio, ma anche fonte di vita per tutti i credenti.
Insomma, il memoriale della salvezza, cioè il ricordo e l’attualizzazione della fedeltà e dell’amore di Dio nei confronti dell’uomo, è il cardine della vita cristiana. Ogniqualvolta vengono “spezzati” la Parola e il pane, si compiono gesti profondamente umani che generano la Chiesa, comunità di uomini “memori” della propria povertà ma anche della presenza e dell’azione di Dio nella loro vita.
È interessante notare che nel Vangelo di Giovanni l’ultima cena non viene raccontata come negli altri vangeli: Giovanni narra di Gesù che si alza da tavola e che lava i piedi ai suoi discepoli, aggiungendo queste parole:

Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi,
anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri.
Vi ho dato un esempio, infatti,
perché anche voi facciate come io ho fatto a voi.
(Gv 15,14-15)

È la stessa vita del cristiano che deve diventare “memoria viva” di Gesù: assumendo il Suo sguardo sul mondo e operando secondo la prospettiva della grazia (cioè del dono gratuito di sé) che Lui ha suggerito, ogni uomo e credente può contribuire al Suo progetto sull’umanità:

Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza. (Gv 10,10)

Don Bosco, ha fatto della “pedagogia di Dio” il suo programma di vita:
-    ha saputo fare memoria del suo “sogno dei nove anni”, cioè di un’esperienza fondamentale nella quale egli ha riconosciuto la chiamata di Gesù diventare padre e maestro per tanti giovani;  
-    la sua stessa vita, raccontata nella Memorie dell’Oratorio, è ancora oggi per tanti educatori un preziosissimo punto di riferimento;
-    ci ricorda, infine, che chiunque fa esperienza della bontà di Dio è chiamato a fare memoria di Lui e a testimoniare il Suo prendersi cura di ogni uomo.

Il “cuore grande” di Don Bosco – ma anche di ogni uomo che non vuole scordare (da cor, cordis = cuore) la sua umanità e creaturalità – costituisce dunque il parametro che ha ispirato il tema di Zakar. Memorie di futuro.

I bambini e i ragazzi che partecipano all’esperienza estiva del grest o del campo scuola possono a loro volta fare memoria, cioè prendere in considerazione e mettere a frutto alcune condizioni fondamentali di un autentico progetto di vita, da elaborare da protagonisti.

In particolare, il tema è stato così declinato:

1. Il POSITIVO presente in ciascuno.
Per cominciare un cammino è importante conoscere e fare memoria del positivo che caratterizza ogni persona (per gli educatori si tratta del “punto accessibile al bene” che Don Bosco sapeva intravvedere in ogni ragazzo).
Riconoscere e fare affidamento sulle proprie qualità e capacità è essenziale per la crescita umana e spirituale di ciascuno, poiché rinsalda la fiducia in se stessi e negli altri e apre al riconoscimento dei doni ricevuti.

In questa prima tappa del percorso, si tratta, innanzitutto, di prendere in considerazione alcuni aspetti essenziali per lo crescita e l’equilibrio di ogni individuo che sta formando la propria personalità, cioè la stima di sé e la scoperta di potenzialità su cui investire energie. Ciò è importante anche per la maturazione di adeguate capacità relazionali: gli altri sono, come me, persone che hanno in sé una “positività” da rispettare e valorizzare.
D’altra parte, la memoria del “positivo” permette di attirare l’attenzione, nel modo più consono ad ogni fascia d’età, sulla creaturalità che segna la condizione umana: ciò che siamo è dono di Dio. Educare alla fede significa, in questa prospettiva, favorire la scoperta della “bellezza” che Dio ha posto nella nostra umanità.

2. La TENACIA.
Ogni cammino di crescita richiede determinazione e forza, la capacità di sopportare la fatica e la “fortezza” per far fronte agli ostacoli: la tenacia, appunto.
A tale scopo è necessario, in primo luogo, valorizzare la memoria del positivo che ha caratterizzato la prima parte del cammino, per non lasciarsi vincere dalla paura e dallo sconforto e per “resistere” alle mode e all’omologazione (essere “forti” interiormente).
In secondo luogo, è urgente cogliere e mettere a frutto i “segni” presenti sul cammino di ciascuno.

Quanto è stato evidenziato nella prima parte del percorso, ora – per così dire – viene messo alla prova. In ogni fase della vita, sono numerose le esperienze che possono scoraggiare o addirittura bloccare le persone.
-    Molti bambini e ragazzi (ma anche molti giovani e adulti) sperimentano paura e dolore senza avere la capacità e la possibilità di reagirvi;
-    il clima culturale e sociale in cui stanno crescendo spesso non ha dato loro le abilità necessarie ad affrontare i momenti di crisi e di sofferenza;
-    inoltre, la libertà di cui molti ragazzi godono, proprio per l’assenza di un organico quadro di riferimento valoriale, conduce di frequente a stili di vita omologanti e a un pericoloso “livellamento” culturale, all’assenza di uno sguardo critico sulla realtà e, infine, all’incapacità di operare scelte davvero libere, dettate da un progetto di vita personale.
Perciò:
-    è urgente “ricordare” l’originalità e unicità di ciascuno;
-    va allenata e guidata la predisposizione “naturale” di ogni individuo a reagire alle difficoltà;
-    va assicurata le presenza discreta e attenta di educatori (interiormente) adulti e in grado di “prendersi cura” con intelligenza e gratuità dei più piccoli;
-    infine, va annunciato e narrato il Dio “ricco di misericordia” che vuole donare abbondanza di vita a ogni creatura.

3. MULTICULTURALITÀ: ricchezza da dare e da ricevere.
Nel cammino della vita l'incontro e il rispetto degli altri e delle varie culture sono decisivi. Non sono opzioni tra le altre: sono piuttosto dei passi fondamentali per diventare persone autentiche.
La multiculturalità non è perciò rinuncia alla propria identità ma consapevolezza profonda della propria e altrui "povertà" e, allo stesso tempo, della propria e altrui "ricchezza".

Questa terza tappa del cammino si potrebbe sintetizzare dicendo, con un gioco di parole, che la cultura non è tale se non è multi-culturale. Ciò risulta evidente se si considera che alla formazione di un individuo concorrono moltissimi elementi. E, in ogni epoca, rimane vero che una cultura definisce se stessa solo in relazione alle altre. L’assenza di tale consapevolezza determina facilmente pregiudizi e stereotipi e, quindi, chiusure e contrapposizioni.
La multiculturalità è oggi il campo in cui tutti, dai più piccoli ai più grandi, sono chiamati a confrontarsi e, per così dire, a giocare la partita della vita. Non ci sono “campi neutri” in cui ritirarsi. In altre parole, non si diventa adulti (umanamente e cristianamente) se non attraverso l’incontro con ogni fratello, la sua accoglienza e l’ospitalità incondizionata. Sì, serve una correzione se non un’inversione di rotta, una conversione per essere precisi.
Per i cristiani, cioè per coloro che hanno creduto alle parole di Gesù e con Lui hanno camminato, anche se delusi e “sconvolti”, lontani da Gerusalemme e diretti verso la Emmaus di un quotidiano senza più futuro, viene il momento in cui,  “nello spezzare il pane”, si riconosce come “salvatore” quello straniero che sta facendo strada con noi (vedi Lc 24,13-35). In questa prospettiva l’Eucaristia genera uomini nuovi.

4. Il NUOVO che nasce.

La quarta tappa del cammino rappresenta il "frutto" delle tre precedenti. La vera "novità" può sorgere solo dalla memoria viva della ricchezza presente in ciascuno, delle fatiche e delle vittorie proprie e altrui, della bellezza che segna ogni cultura. Questa scoperta e il nuovo sguardo che essa offre, aprono al futuro e impegnano nella costruzione di un solido progetto di vita. Ora bisogna darsi da fare e raccontare a tutti la propria esperienza.

Se “fare memoria” non si esaurisce in uno sterile ricordo di eventi ma costituisce il modo autenticamente “umano” di vivere, essa è indispensabile per proiettarsi verso il futuro. La libertà e la responsabilità di ogni individuo, finora “impegnate” nella conoscenza di sé, nel confronto con le diverse paure e nell’incontro fecondo tra culture, ora possono generare “novità”: ogni persona e quindi anche ogni bambino e ragazzo, in quanto individuo unico e irripetibile, è e diventa veramente se stessa quando si esprime secondo un originale progetto di vita; progetto che costituisce, per così dire, un diritto e un dovere, cioè una libertà che non deve essere negata a nessuno (davvero i progetti educativi tengono sempre presente questo aspetto?) e, allo stesso tempo, un compito cui nessuno può sottrarsi.
Da un punto di vista cristiano, la stessa Parola di Gesù è la “novità” (Vangelo significa “Buona Notizia”) per coloro che sono disposti ad ascoltarla. La “novità” sta proprio nel fatto che Dio non si è stancato dell’uomo e, come aveva promesso, non si è dimenticato di lui. Anzi lo invita ad aprire gli occhi per cogliere la sua azione (“Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? Aprirò anche nel deserto una strada, immetterò fiumi nella steppa” ).
La novità di Dio è dirompente, è come un “vino nuovo” che richiede “otri nuovi” (Mt 9,17). Gesù stesso è il “vino nuovo”: nel suo sangue viene stretta la “Nuova alleanza”. Il “patto” con Dio rinnova completamente perché  l’amicizia con Lui (Gv 15,15) genera l’uomo nuovo (Rm 8).

 
Martedì 16 Aprile 2024
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